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Meloni, saluti & pochi baci al redditometro

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Il presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni (fonte:Ipa) - dillingernews.it

Un giro di clessidra e il redditometro scatena un putiferio. Giorgia Meloni convoca il viceministro Maurizio Leo, non si sa se per strigliarlo, quindi posta un video che fa entrare nel countdown finale la campagna elettorale per le Europee.

Decreto ministeriale «sospeso», servono «ulteriori approfondimenti». La linea del governo Meloni sarà «stanare i grandi evasori, quei nullatenenti che girano col Suv e vanno in vacanza con lo yacht» e non certo di ficcare il naso nelle spese dei «cittadini onesti». Se ne riparlerà a urne chiuse.

È stata una giornata furibonda, a Montecitorio. Gli onorevoli di solito o un po’ sonnacchiosi o distratti dagli smartphone si bisbigliano l’un con l’altro, parlottano, solcano a passo deciso le file di poltrone. Il povero Maurizio Leo con il suo decreto ministeriale sul cosiddetto “redditometro” ha provocato una generale scarica di adrenalina.

Sospensione, abrogazione o modifiche, iniziano a concordare di pretendere i deputati, un capannello dopo l’altro. Maurizio Leo si imbuca alla Camera senza esporsi alla stampa. Poi va a Palazzo Chigi, per confrontarsi con la premier. Infine, il dietrofront. Grasso che cola per le opposizioni. Che «figuraccia», esclama per il Pd il responsabile economico Antonio Misiani: ora «dimissioni», sia di Leo sia del ministro Giancarlo Giorgetti, «platealmente smentiti» dalla premier.

Stessa solfa dai banchi dell’esecutivo, in un inedito “compromesso storico” tra destra e sinistra. Antonio Tajani vuole «l’abolizione» del decreto di Leo. È il capofila, pochi minuti dopo l’annuncio dello stop, ad accoglierlo con un sospiro di sollievo perché «Giorgia Meloni ha accolto la nostra proposta di bloccare il redditometro». Chiude il cerchio Matteo Salvini: giustissimo «stoppare il grande fratello fiscale».

È dal 1973 che ci provano

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini prova a frenare l’impatto centrifugo di una misura che spaventa, da decenni, gli italiani: «Utilizzato dall’amministrazione finanziaria quando non ha alcun elemento per ricostruire il reddito di un contribuente, come nel caso degli evasori totali che non hanno presentato la dichiarazione, non hanno redditi, ma dimostrano di avere una significativa capacità di spesa». Quei finti nullatenenti col Suv, quei comunisti col Rolex che Giorgia Meloni condanna: «fenomeno inaccettabile».

E pensare che il primo tentativo di disporre il redditometro risale al 1973, governo Rumor IV. Ripescato dall’allora primo Ministro Silvio Berlusconi nel 2010.

Il viceministro Maurizio Leo (fonte:Ipa) – dillingernews.it
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