Ci risiamo, del resto siamo un Paese di santi, profeti e navigatori. Tutti con un porto sicuro che li accoglie, il cesaropapista Che tempo che fa.
Nella “velina” di La9, a sedersi davanti allo scranno di Fabio Fazio è il fumettista Zerocalcare, pseudonimo di Michele Rech.
Prevedibilmente, per ragioni promozionali: infatti presenta il suo nuovo libro Quando muori resta a me (un po’ da toccarsi, insomma…).
Il dissenso incrosta il Paese
Gasato dalla tribuna offerta, si lancia in un j’accuse: «C’è un problema nel nostro Paese con il dissenso da molti anni, non è di adesso ed è andato sempre peggiorando.
«Il problema è che oggi il dissenso è così poco ed è così tanto malvisto che ormai basta un ragazzino di 16 anni che lancia una latta di vernice sul muro che viene denunciato per associazione a delinquere.
«Quindi, penso che bisognerebbe riportare tutto a un pochino di normalità». Beato lui che ha chiaro il concetto di “normalità”.
«E questo succede perché siamo disabituati alla critica», insiste Zerocalcare. «Al metter in discussione quello che arriva dall’alto e fa sì che quando qualcuno lo fa, sembra un rompiscatole o un bandito, in qualche modo. Invece dovrebbe essere proprio il motore del progresso, quello».
L’afflato religioso poi lo ispira a mettere in discussione teologica la popolarità: «Vivo il successo individuale come una colpa. Lo vivo come qualcosa che devo restituire. Se lo vivo in maniera individuale, lo vivo come una colpa. Se invece riesco a fare in modo di restituire qualcosa alle persone che mi hanno aiutato, alle persone con cui sono cresciuto, mi sembra di poterlo espiare un po’».
Com’è dolce il gusto dell’ostia consacrata di Fazio Fabio, qualunquemente…
