In Albania si è votato e senza troppo clamore, senza rivoluzioni di piazza, con un premier che si presenta per la quarta volta e, con sguardo sornione, fa filotto. Edi Rama, socialista dallo stile riconoscibile quanto una pennellata larga su tela bianca, si prepara a un nuovo giro di giostra con un Parlamento che, a leggere gli exit poll, gli ha regalato almeno 79 seggi su 140. Maggioranza piena, comoda.
In principio fu Enver Hoxha. Bunker, isolamento, dittatura e zero simpatia per l’Occidente. Oggi, invece, l’Albania è il Paese dei miracoli politici: un premier socialista – Edi Rama – si prende il Parlamento e promette di portare la nazione dritta nel salotto buono dell’Unione Europea. Altro che falce e martello: qui si sogna Schengen, Erasmus e fondi strutturali.
C’è qualcosa di tragicomicamente moderno in questa evoluzione balcanica. Il socialismo albanese non è più quello barricadero, barricato e barricato. È un socialismo edulcorato, instagrammabile, che parla il linguaggio delle istituzioni europee mentre archivia le accuse dell’opposizione con un sorriso largo e ben pettinato.
Rama è il testimonial perfetto di questa nuova narrazione: pittore, showman, europeista dichiarato. Con un partito che si chiama ancora “socialista”, ma che ha imparato bene l’arte del compromesso e della governance da manuale UE. Candidarsi per il quarto mandato e vincerlo con stile, dicendo che il futuro è Bruxelles, è roba da manuale per spin doctor. Il vecchio socialismo si sarebbe opposto alle “interferenze occidentali”. Questo le chiama “adesione”.
Eppure, mentre il premier brinda ai 79 seggi, c’è un dato che stona: l’affluenza. Meno della metà degli elettori ha votato. Forse non credono più né nel socialismo né nell’Europa. Forse hanno capito che il vero confine non è tra sinistra e destra, ma tra chi sa raccontare una storia credibile e chi no. E Rama, almeno questo, lo sa fare.
La verità è che il socialismo in salsa albanese non fa più paura a nessuno. Non è rivoluzionario, non è sovversivo. È l’ennesima forma di potere travestita da speranza europea. Una sinistra che promette Bruxelles ma gestisce Tirana con mano salda. Forse è proprio questo il vero volto dell’Europa oggi: una grande narrazione post-ideologica dove anche un socialista può diventare il più affidabile degli alleati.
Il socialismo albanese vuole l’Europa. E Bruxelles, con la sua proverbiale lentezza, fa finta di non avere paura. Per ora.