Home Celebs Televisione Non se ne può più di nostalgici e vittimismo gay, Mr. Gullotta

Non se ne può più di nostalgici e vittimismo gay, Mr. Gullotta

Per fortuna, l'epoca del Bagaglino è un capitolo chiuso, a parte ogni tanto una patetica serata commemorativa su Canale 5

Per fortuna, l’epoca del Bagaglino è un capitolo chiuso, a parte ogni tanto una patetica serata commemorativa su Canale 5 e l’intenzione di Fratelli d’Italia di riesumarlo. Per i più giovani, era uno show comico in onda dal teatro omonimo di Roma, creato da Pier Francesco Pingitore, con protagonisti attori come Oreste Lionello e Leo Gullotta e dive de noantri come Valeria Marini e Pamela Prati, ancora non sedotta e abbandonata da Mark Caltagirone. Si giocava molto sulle imitazioni dei politici e alcuni di loro si prestavano volentieri a gag con i conduttori, in primis Giulio Andreotti, che sul palco era scimmiottato da Lionello. Il tono era quello di una comicità casereccia, per certi volgare, oggi la definiremmo “patriarcale”. Non ne sentiamo la mancanza, Gullotta invece sì.

Torte in faccia

Intervistato dal Corriere, Leo Gullotta non si dimostra riconoscente con i personaggi dell’estabilishment di Palazzo saliti sulle pedane del Bagaglino. «Erano tutti un po’ squallidi, a parte qualcuno. Andreotti era una delle rare eccezioni, era estremamente spiritoso. Anche Oscar Mammì. Il resto era di un livello imbarazzante. Pur di esserci venivano a prendere le torte in faccia…». Dall’alto della sua smania di dimostrarsi senza peli sulla lingua, accusa: «I politici sono sempre stati facce di tolla, mica solo ora. Davanti ad ascolti straordinari, parliamo di milioni di spettatori, i politici di ogni schieramento facevano a gara per venire perché una serata lì valeva come una campagna elettorale».

Le farfalle di Berlusconi

Il Bagaglino è stato molto caro a Silvio Berlusconi, che come ricorda il collega del Corriere Renato Franco si presentava a teatro con un gioiello a forma di farfalla per le donne e con un orologio per gli uomini. «Ma io non mi facevo mai trovare, me ne stavo sempre in camerino». Evitava volutamente di incrociare Silvio Berlusconi? «Certo», si gonfia il petto Gullotta. «Ovviamente c’era una corte di persone che faceva la corsa per assistere a questa divisione di pani e di pesci, per ottenere questi regali, le farfalline, gli orologini… Io personalmente non ho mai preso nulla. Il mio compito era lavorare bene. Il resto non mi interessava». Non manca l’elogio del sudore delle primedonne: «Si impegnavano, si impegnavano tanto, erano molto professionali, non era una cosa che si risolveva in un pomeriggio, si provava per tutta la settimana». Ora, con tutto il rispetto per la Marini o la Prati, i loro balletti non erano proprio all’altezza di una Lorella Cuccarini o di una Raffaella Carrà

Gullotta e l’episodio di discriminazione

Leo Gullotta ha fatto outing sulla sua omosessualità nel 1995, ma solo quasi trent’anni dopo confida un episodio di discriminazione, in linea con una tendenza sempre più diffusa a cercare i riflettori rivangando soprusi passati. La pugnalata peggiore che gli hanno inferto? «Quando in un Paese democratico come l’Italia mi sono sentito dire: no guarda, tu non lavori con noi perché sei omosessuale. Quell’episodio mi fece molto male. Durò un pomeriggio, cominciai a protestare, ad alzare il ditino: era sbagliato, volevo che me lo dicesse in faccia chi lo aveva deciso. Ma la mia domanda veniva sempre elusa: la colpa era sempre di qualcun altro. I diritti sono arrivati, ma moltissimo si deve ancora fare, non solo per gli omosessuali». Dubitiamo che concorra alla causa Lgbt con questa chicca di volgarità in perfetto stile Bagaglino: «Fino ai 30 anni ho vissuto una vita eterosessuale, poi ho capito che la cioccolata non mi piaceva più: desideravo la crema e così ho fatto».

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