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“Lo yogurt mi fa paura, non le unghie né l’impronta”. Parla l’avvocato di Sempio: “Inchiesta piena di trabocchetti. Così non mi posso difendere”

Nella nuova indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, Andrea Sempio è difeso dagli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia. Ed è proprio Lovati a tornare a parlare, questa volta in un’intervista rilasciata a Stefano Zanette per Quotidiano Nazionale, dopo che nelle scorse settimane aveva già evocato un “sogno”: un sicario mandato a uccidere Chiara nella villetta di via Pascoli, sullo sfondo di presunti ricatti e riferimenti al Santuario.

Lo yogurt, la spazzatura e gli oggetti dimenticati del 2007

Oggi Lovati parla invece di un incubo. E non ha nulla a che fare con le tracce biologiche più discusse dell’inchiesta – né con le unghie della vittima, né con la cosiddetta impronta numero 33. Piuttosto, riguarda ciò che secondo lui non è mai stato analizzato nel 2007, anno del delitto. In particolare, lo yogurt e la spazzatura trovati nella casa di Chiara Poggi. Lo stesso argomento lo aveva già sollevato pochi giorni fa a Quarto Grado.

“Il Fruttolo sì. Le altre cose no”

“È un incubo ricorrente – dice –: sogno cause talmente complicate che mi fanno impazzire. Poi mi sveglio e provo sollievo. Ma quando riguarda questo caso, la preoccupazione resta anche dopo”. Secondo l’avvocato, il DNA di Andrea Sempio potrebbe trovarsi sul Fruttolo mangiato da Chiara Poggi, elemento che – se confermato – collocerebbe il giovane nella casa della vittima il giorno stesso dell’omicidio, il 13 agosto 2007. “Le altre prove non mi spaventano – precisa Lovati –. Le unghie, l’impronta, non mi preoccupano. Il Fruttolo sì. Anche il tè freddo? È la stessa cosa. Sono oggetti che nel 2007 non sono stati presi in considerazione. E adesso, dopo 17 anni, diventano centrali”.

“Difendo anche i colpevoli, ma con loro non sogno mai nulla”

Lovati ha già definito il suo assistito “un disadattato, un comunista”, ma non ha dubbi sulla sua innocenza. E lo chiarisce: “Difendo anche i colpevoli, ma in quei casi non ho incubi. Con Sempio sì. E non è solo una sensazione: è l’impostazione dell’inchiesta a essere insidiosa. Fin dal capo d’imputazione, ‘in concorso’, che non offre margini difensivi. È una formula ingannevole”. Sotto accusa c’è anche il metodo. “Hanno convocato il mio assistito per rifargli le impronte digitali con l’inchiostro. Non mi posso fidare. Possono fare tutto, impunemente. Da una parte vedo slealtà, dall’altra cresce la diffidenza. E si spiegano anche gli incubi”.

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