Le parole, sempre quelle. Quelle pronunciate da Alberto Stasi nell’intervista a Le Iene, andata in onda a fine marzo, durante un permesso premio del 22 marzo 2025. È quel colloquio con Alessandro De Giuseppe — in cui Stasi parlava del suo “tsunami di emozioni”, della speranza “che venga finalmente fuori tutta la verità”, e della sua “innocenza come risorsa” — a spingere oggi la Procura generale di Milano a impugnare la concessione della semilibertà. La misura, deliberata l’11 aprile dal collegio di Sorveglianza presieduto da Anna Maria Oddone e Maria Paola Caffarena, era già stata contestata in origine dalla sostituta procuratrice Valeria Marino. Ma ora il fronte si allarga: un ricorso alla Cassazione, firmato anche dalla procuratrice generale Francesca Nanni, riapre la partita.
Nessuna violazione formale, ma resta il nodo politico
Secondo il direttore del carcere di Bollate, Giorgio Leggieri, non c’è stata alcuna infrazione: “Non si sono rilevate infrazioni”, ha scritto in una nota. L’intervista era autorizzata. Ma per i magistrati, il punto non è il permesso: è il contenuto. Quelle dichiarazioni, sostengono, non sarebbero compatibili con un percorso di rieducazione fondato sull’ammissione di responsabilità. In altre parole: chi è in semilibertà non dovrebbe rilasciare interviste in cui continua a proclamarsi innocente.
La difesa: “Se avesse violato le regole, gli avrebbero tolto il lavoro”
L’avvocata Giada Bocellari, che difende Stasi insieme ad Antonio De Rensis, replica secca: “Siamo tranquillissimi. La questione dell’intervista è già stata chiarita. Se mai avesse violato qualche prescrizione, gli avrebbero revocato il lavoro esterno, non la semilibertà”.
E proprio il regime di semilibertà consente a Stasi di uscire ogni giorno da Bollate per recarsi in centro a Milano, dove lavora in una società di amministrazione condominiale occupandosi di contabilità. Ha libertà di movimento per pranzare o trascorrere del tempo libero, purché resti all’interno della provincia. Unica deroga: il 20 maggio scorso, quando si è recato dal procuratore capo Fabio Napoleone, che lo ascolterà nuovamente a breve per un nuovo interrogatorio legato all’omicidio Poggi.
Una revisione dell’intero impianto accusatorio
La riapertura del fascicolo è parte di una più ampia rivisitazione del caso, portata avanti dalla Procura di Pavia. Si rimettono in discussione punti ritenuti finora intoccabili: dalla possibile presenza di Andrea Sempio nella villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007, all’orario esatto del delitto, collocato tra le 9:12 (disinserimento dell’allarme) e le 9:35 (accensione del pc in casa Stasi).
Ma il quadro si allarga. Spuntano nuovi scenari, nuove voci, nuovi reperti. Alcuni portano al santuario della Bozzola, luogo di “visioni” e suggestioni mistiche. Altri portano alla famiglia Cappa, tra messaggi vocali della madre Paola e oggetti trovati nel canale di Tromello che restano sotto analisi.
La domanda
Ora toccherà alla Cassazione stabilire se un’intervista trasmessa in tv, regolarmente autorizzata, possa davvero bastare per revocare la semilibertà. Il tutto in un clima sempre più teso, dove la linea tra diritto, opinione pubblica e processo mediatico diventa ogni giorno più sottile. E dove un uomo condannato per uno dei delitti più discussi degli ultimi vent’anni continua a ripetere una sola frase: “La mia innocenza è una risorsa”.