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Roma, appalti truccati per la manutenzione stradale: arrestato l’imprenditore Mirko Pellegrini. “Era il dominus di un cartello di imprese”

Cinque arresti, decine di società coinvolte, appalti pilotati e un presunto sistema corruttivo che ruotava intorno alla manutenzione delle strade nella Capitale e nel Lazio. È questo il quadro delineato dalla Guardia di Finanza di Roma, che all’alba di oggi ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di cinque persone nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma. Tra gli arrestati figura Mirko Pellegrini, 46 anni, imprenditore romano residente a Frascati e massimo referente della Fenice Srl, nonché legato ad altre 16 società. Pellegrini, già coinvolto in un’indagine per fatti simili nei mesi scorsi, è stato raggiunto da una misura di custodia cautelare in carcere. Insieme a lui, sono finiti in cella anche il fratello Simone Pellegrini, e altri tre soggetti: Flavio Verdone, Roberto Filipponi e Alessandro Di Pierantonio.

L’accusa: “Associazione per delinquere e appalti ottenuti con frodi e corruzione”

Secondo quanto riportato nelle oltre 100 pagine dell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Flavia Costantini, Mirko Pellegrini sarebbe stato il “dominus” di una vera e propria associazione per delinquere, finalizzata alla turbativa d’asta, frode nelle pubbliche forniture, corruzione, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio. Un’associazione stabile, che secondo gli inquirenti si sarebbe garantita contratti milionari da parte di Roma Capitale e di Astral Spa, la società regionale che gestisce le strade del Lazio. La finalità del gruppo, si legge nel provvedimento, era quella di “ottenere illecitamente appalti per lavori di rifacimento della grande viabilità”, sfruttando meccanismi illeciti per ridurre i costi, alterare la documentazione contabile e lucrare in maniera fraudolenta sui fondi pubblici.

Le società intestate a prestanome e il sistema del “cartello”

Il sistema, secondo quanto ricostruito dalle Fiamme Gialle, si reggeva su un gruppo di società intestate a prestanome, tutte riconducibili a un unico disegno imprenditoriale e operativo. Queste società, pur formalmente indipendenti, avrebbero agito come un cartello coordinato, riuscendo ad aggiudicarsi numerosi appalti pubblici attraverso accordi collusivi e promesse corruttive. Il gip descrive l’organizzazione come un “cartello di imprese” operante in maniera “stabile e organizzata”, con l’obiettivo di alterare la libera concorrenza e frodare la pubblica amministrazione. Le società coinvolte, si legge nel provvedimento, costituivano “lo strumento funzionale alla consumazione degli illeciti”, e hanno consentito agli associati di ottenere vantaggi economici e finanziari che, senza tale struttura coordinata, non sarebbero mai stati possibili.

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