È un giallo nel giallo quello che ruota attorno all’impronta numero 33. Secondo i consulenti della procura di Pavia, quella traccia corrisponderebbe in almeno 15 punti alla mano di Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi e oggi unico indagato nel nuovo filone d’inchiesta sull’omicidio di Chiara. Ma quella che sembrava la prova regina, dopo le nuove perizie, potrebbe rivelarsi inutilizzabile: il frammento di intonaco su cui fu repertata non esiste più.
Il pezzo di muro scomparso come nella strage di Erba
Come anticipato dal Tg La7, i legali di Alberto Stasi — condannato in via definitiva a 16 anni — sarebbero pronti a depositare una consulenza autonoma proprio sull’impronta 33, per verificare l’eventuale presenza di tracce biologiche di Sempio. Ma, scrive oggi Il Messaggero, della traccia resta solo un’immagine. Il pezzo di muro da cui venne asportata con un bisturi sterile — sopra il terzo gradino della scala interna dove, il 13 agosto 2007, fu trovato il corpo di Chiara — non è più reperibile. Non si trova né negli archivi della procura di Pavia, né in quelli del Ris di Parma. Una scomparsa che ricorda da vicino il vuoto di reperti nella strage di Erba.
Senza reperto nessun esame possibile, neanche del DNA
E senza quel frammento, nessuna analisi potrà mai accertare né la presenza di sangue né un eventuale profilo genetico. Il rischio è che l’udienza del 17 giugno — incidente probatorio davanti al gip per riesaminare alcuni reperti mai analizzati — parta già con un handicap pesantissimo. Senza il corpo del reato, quella che poteva essere la chiave del nuovo impianto accusatorio rischia di restare solo un’ipotesi suggestiva.
L’ex procuratore Venditti: “Prove inservibili e infruttuose”
Sulla vicenda è intervenuto anche Mario Venditti, ex procuratore di Pavia che all’epoca archiviò le indagini su Sempio. Per lui, le nuove prove sono inutilizzabili: “Inservibili e infruttuose”, le definisce il suo legale, l’avvocato Domenico Aiello. In una nota ufficiale si legge:
“Sin da principio, non ha inteso interferire con le diverse indagini di cui a vario titolo si dà conto nella cronaca locale e nazionale, né ha inteso partecipare o alimentare l’incontrollato battage mediatico”.
E ancora: “Ciò non di meno, non è possibile astenersi dal rappresentare il danno illecito che sino ad oggi sta subendo dalla mole di notizie false e prive di ogni riscontro oggettivo”.
Insanguinata, già repertata dai Ris: potrebbe esserci DNA
Ma non c’è solo la 33. Come ricorda oggi la Repubblica, esiste un’altra traccia mai valorizzata del tutto: l’impronta numero 10, un contatto papillare insanguinato trovato sulla porta d’ingresso della villetta. La rilevazione fu fatta dai Ris, prima con luce UV, poi con polvere nera, infine fotografata e prelevata. Ha otto minuzie, troppo poche per un confronto palmare completo. Ma potrebbe essere ancora utile: un esame biologico potrebbe infatti rivelare la presenza di materiale genetico. E in un’indagine che cerca da anni una svolta, anche questa pista può diventare decisiva.