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Altro che martello a coda di rondine: ecco cosa hanno trovato davvero nel canale. E ora spunta un possibile nuovo movente nel caso Chiara Poggi

Altro che martello a coda di rondine. Dal canale di Tromello, a pochi metri dalla casa dei Cappa, sono emersi oggetti che potrebbero riscrivere – di nuovo – la scena del delitto di Chiara Poggi. Una mazzetta da muratore, un attizzatoio da camino e persino la testa di un’ascia: sono questi i reperti che ora gli inquirenti stanno analizzando. Nessuno di questi risulta scomparso dalla casa dei Poggi, dove invece il padre Giuseppe aveva denunciato – nel luglio 2008 – l’assenza di un martello con becco a coda di rondine. Ma c’è un dettaglio che torna a far rumore: una mazzetta molto simile sarebbe sparita alla fine di luglio 2007 dalla sede della Croce Garlaschese, frequentata all’epoca da Stefania Cappa.

Nuovi prelievi di Dna e il ruolo degli amici

Dietro la decisione del Gip Daniela Garlaschelli di procedere con il prelievo del Dna ad amici e conoscenti di Alberto Stasi e delle gemelle Cappa, si nasconde un’ipotesi investigativa più ampia. Finiscono nel mirino Roberto Freddi, Mattia Capra, Alessandro Biasibetti (oggi sacerdote) e Marco Panzarasa, avvocato, ex compagno di scuola di Stasi, figlio dell’ex sindaco di Garlasco, mai indagato prima. A chiedere i test proprio su di lui è stato l’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni. Panzarasa, tra l’altro, usò il computer di Stasi a Londra, lo stesso che Chiara Poggi avrebbe utilizzato la sera prima di morire. Quella mattina, forse, fece anche colazione con qualcuno: i residui nei rifiuti sembrano confermarlo.

Due gruppi, due mondi: e Chiara nel mezzo

È lì che si fa spazio un possibile nuovo movente. Chiara stava in mezzo a due mondi. Da una parte la comitiva tranquilla: Marco Poggi, Sempio, Panzarasa, Biasibetti, Capra e Freddi. Dall’altra, il gruppo più mondano e festaiolo delle gemelle Cappa. Due universi diversi, due modi di vivere i 20 anni. E Chiara, riservata e indipendente, non si sentiva del tutto parte di nessuno. Alcuni testimoni parlano oggi di tensioni, incomprensioni, fratture mai chiarite. È possibile che avesse rifiutato di partecipare a una festa o assistito a qualcosa che non voleva vedere? L’ipotesi investigativa è questa: che qualcuno abbia voluto impedirle di raccontare qualcosa che sapeva.

Il Dna, le unghie e l’incidente probatorio

Il secondo Dna trovato sotto le unghie della vittima è sicuramente maschile. Uno dei due è stato attribuito ad Andrea Sempio, ma resta ignota l’identità dell’altro. Per questo il 24 ottobre, se non ci saranno rinvii, si terrà l’incidente probatorio: un passaggio decisivo per blindare l’utilizzabilità in aula di tutti i reperti genetici. Nel frattempo, la procura ha dato l’ok anche al prelievo su tre investigatori e un medico legale, entrati il giorno del delitto nella villetta senza guanti. I consulenti incaricati sono Carlo Previderè, Pierangela Grignani, Denise Albani e Domenico Marchegiani. La speranza è che, dopo 18 anni, un dettaglio possa finalmente ricostruire l’intero puzzle.

Panzarasa e i silenzi dopo il delitto

Il nome di Marco Panzarasa torna centrale anche nei tabulati telefonici. Lui e Stasi si sentivano dalle 10 alle 15 volte al giorno, ma dopo l’omicidio i rapporti si sono interrotti di colpo. Quel 13 agosto, Panzarasa era in vacanza a Loano, e non è mai stato formalmente coinvolto nelle indagini. Oggi, però, la procura vuole chiarire tutto: chi era davvero presente nelle giornate che precedettero il delitto? E dove si trovavano gli amici e le amiche di Chiara, quella mattina? Non si esclude che il delitto sia stato il frutto di un gesto d’impeto, legato a qualcosa che Chiara aveva detto, visto o rifiutato di accettare.

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