Altro che ministro “irrilevante”, come lo definisce Tomaso Montanari: Alessandro Giuli ha appena messo in riga l’intero blocco radical chic della cultura italiana, nel tempio simbolico della sinistra fiorentina. Teatro Niccolini, evento “Spazio Cultura” firmato Fratelli d’Italia: e il ministro della Cultura ha parlato chiaro, schierando parole come armi contro quell’egemonia culturale progressista che da decenni detta legge nei salotti buoni, nelle fondazioni, nei teatri e nei musei del Paese.
Giuli li smonta
“C’è una minoranza rumorosa che si impadronisce perfino del Quirinale per cianciare in solitudine”, ha attaccato Giuli, facendo riferimento all’intervento di Elio Germano. Ma è solo l’inizio: “Avevano gli intellettuali e se li sono persi, si sono affidati agli influencer e poi anche loro si sono rivelati quattrinari. Alla fine gli sono rimasti solo i comici”. Tradotto: la sinistra ha perso credibilità, e chi continua a farne un totem non ha ancora capito che i tempi sono cambiati.
Poi Giuli affonda anche sul caso Ginori, riaprendo la polemica con Montanari, sostituito da Marco Corsini alla presidenza della Fondazione: “La Fondazione è troppo importante per essere amministrata da chi sta sempre in TV. Depoliticizzare la governance, anche in presenza di un preaccordo con un odiatore militante, è un dovere civile”. E ancora: “Montanari si accomodi pure da Giani, si farà nominare altrove”.
Non è finita: sotto i riflettori finiscono anche Stefano Massini, ironicamente citato per i “bei monologhi” dopo la valutazione ministeriale poco brillante al Teatro della Toscana, e infine il caso più spinoso: l’intitolazione di una rotonda a Giovanni Gentile. Anche qui, Giuli rompe la cortina del politicamente corretto: “Opporsi a una proposta simile con argomenti vili non aiuta la concordia nazionale. E chi nega la verità del sangue, da qualsiasi parte provenga, legittima la mentalità degli assassini”.