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Fine vita, il governo Meloni impugna la legge della Toscana. È scontro sui diritti e sulle competenze regionali

Il Consiglio dei ministri, riunitosi oggi – venerdì 9 maggio – a Palazzo Chigi, ha deciso di impugnare la legge regionale sul fine vita approvata dalla Toscana a febbraio. Una mossa attesa ma destinata ad alimentare ulteriormente il conflitto tra Stato e Regioni su uno dei temi più divisivi e delicati: l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Il provvedimento del governo conferma l’intenzione dell’esecutivo di opporsi a normative regionali che, pur basandosi su una sentenza della Corte costituzionale, vengono ritenute oltre i limiti delle competenze locali.

La legge impugnata dal Governo

La legge toscana, la prima in Italia a regolamentare in modo organico il fine vita, era stata approvata dal Consiglio regionale con ampio consenso trasversale. Il testo nasceva da una proposta di iniziativa popolare, intitolata “Liberi Subito”, promossa dall’Associazione Coscioni e sostenuta da oltre 10 mila firme. Alla base, l’ormai storica sentenza n. 242 del 2019 della Consulta, che aveva dichiarato parzialmente illegittimo l’articolo del codice penale che vietava l’aiuto al suicidio, aprendo per la prima volta alla possibilità di legiferare in materia, purché venissero rispettati precisi criteri.

Cosa disciplinava

La legge regionale disciplinava proprio quei criteri, indicando requisiti, procedure e modalità per accedere in Toscana al trattamento. A decidere sull’ammissibilità del percorso sarebbe stata una Commissione multidisciplinare permanente costituita presso ogni Asl. Compito della Commissione: valutare la presenza di tutti i parametri indicati dalla Corte – ovvero la presenza di una malattia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, e piena capacità di intendere e di volere – e accompagnare il paziente lungo tutto il percorso fino all’autosomministrazione del farmaco. Il tutto, a carico del Servizio sanitario regionale, grazie a fondi dedicati.

Con l’impugnazione della legge da parte del governo, si apre ora un fronte istituzionale e culturale di forte impatto. Da un lato, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni rivendica la centralità statale in materia di sanità e diritti fondamentali; dall’altro, la Toscana – e con essa le associazioni che hanno sostenuto la legge – insiste sulla necessità di colmare il vuoto legislativo lasciato dal Parlamento, che a quasi sei anni dalla sentenza della Corte non è ancora riuscito a normare compiutamente il fine vita.

La sfida si sposta ora sul piano costituzionale, in attesa che la Corte sia chiamata a esprimersi sulla legittimità dell’iniziativa toscana. Ma il segnale politico è già chiaro: il tema resta una linea di faglia tra opposte visioni della libertà individuale, del ruolo delle Regioni e dell’equilibrio tra etica e diritto.

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