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“Lo studio del primario era una trappola”: 32 abusi in 45 giorni, l’inchiesta choc su Michieletti a Piacenza. “Molti sapevano, ma nessuno parlava”

Uno studio medico trasformato in una trappola. È questa l’immagine che emerge dalla denuncia choc presentata da una dottoressa contro Emanuele Michieletti, 60 anni, primario di Radiologia dell’ospedale di Piacenza. L’episodio più grave — ma non isolato — sarebbe avvenuto a gennaio: “Sono entrata per parlare del piano ferie, lui ha chiuso la porta a chiave, mi ha spinta contro un mobile e mi ha violentata”, ha messo a verbale la vittima. L’aggressione sarebbe stata interrotta solo dal bussare di un altro medico.

Michieletti si trova agli arresti domiciliari

Oggi Michieletti si trova agli arresti domiciliari con le accuse di violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Le indagini della squadra mobile di Piacenza hanno portato alla luce un contesto definito “gravemente omertoso e autoreferenziale”. Le telecamere piazzate nello studio del primario avrebbero ripreso ben 32 episodi in appena 45 giorni. In alcuni casi le vittime sarebbero state costrette a subire, in altri, riferisce la procura, i rapporti sarebbero avvenuti in un clima “consenziente ma condizionato”.

Secondo gli investigatori, Michieletti “compiva atti sessuali con quasi tutte le donne che varcavano da sole la porta del suo ufficio”. Alcune resistenze sarebbero state “flebi”, indebolite da uno stato di prostrazione. Ma è il clima nel reparto a sconvolgere: “Tutti sapevano”, dicono fonti della procura, ma nessuno ha parlato. Anzi, il primario si sarebbe vantato con alcuni colleghi, ricevendo addirittura “suggerimenti” su come muoversi. E c’è chi, dopo aver denunciato, è tornato sui propri passi per paura di ritorsioni lavorative.

“Molti hanno preferito il silenzio, anche per il potere e la rete di conoscenze dell’indagato”, spiegano gli inquirenti. Alcune colleghe venivano convocate perfino con l’altoparlante ospedaliero, come se fosse tutto normale.

L’Ausl di Piacenza ha annunciato azioni disciplinari e valuta la costituzione di parte civile. Intanto, le associazioni di categoria si espongono. Ester Pasetti (Anaao): “Anche in ambienti altamente professionalizzati, le donne restano in posizione di subordinazione”. Filippo Anelli (Fnomceo): “Chi subisce non deve avere paura di denunciare”.

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