Home EDITORIALI Cronaca di un’altra stagione fallimentare della TV italiana

Cronaca di un’altra stagione fallimentare della TV italiana

La stagione del palinsesto invernale della Tv 2024-2025, è stata l’ennesimo bollettino di guerra tra flop annunciati, celebrazioni autoreferenziali e una creatività che si è persa tra un contratto a progetto e una poltrona blindata da consigli di amministrazione. Un funerale che somiglia più a una veglia eterna, dove si continua a ripetere il rosario di ciò che fu.

Mediaset? Sale, ma solo in Borsa. Sul piano finanziario Pier Silvio ha fatto i compiti: razionalizzazioni, tagli chirurgici, focus sugli asset strategici, perfino un accenno di europeismo con MFE. Ma in video è tutta un’altra storia. I reality arrancano, i talk sembrano riunioni condominiali condotte da gente in overdose di caffeina, e il tanto decantato “nuovo corso” pare più una conversione all’ipocrisia travestita da politically correct. Programmi chiusi, share evaporati, e il pubblico giovane che preferisce farsi spoilerare “Bridgerton” da TikTok piuttosto che guardare il prime time.

Dall’altra parte del Tevere, mamma Rai continua a vivere nel ricordo dei fasti perduti. Qualche giorno fa si celebravano i 40 anni di Indietro Tutta, mitico programma di Arbore. Con affetto, certo. Ma anche con un’amara consapevolezza: da allora, poco o nulla è andato avanti. La televisione pubblica resta impantanata nei suoi carrozzoni, con Sanremo diventato l’unico evento in grado di creare un minimo di narrazione collettiva (e pure lì, ormai, si discute più di cachet e influencer che di musica). E se i pacchi di “Affari Tuoi” potevano sorprendere due decenni fa, oggi sembrano il comfort food del pensionato distratto: rassicuranti, lenti, e del tutto disinnescati.

E poi c’è l’accanimento del nuovo corso educativo-pedagogico, la TV che vuole “insegnare” – ma non si capisce bene a chi e cosa. L’intervento di BigMama al Concerto del Primo Maggio, ad esempio, è sembrato più una seduta di terapia personale che un’esibizione artistica. Ogni conduttore sembra salire sul palco con il bisogno urgente di sfogarsi, trasformando lo spettacolo in un lungo monologo sul proprio disagio, costringendo anche chi non ci aveva mai pensato a calarsi nel problema. Un’invasione emotiva travestita da inclusività.

Nel frattempo, il mondo corre. Le piattaforme sfornano serie, documentari, show sperimentali, mentre Twitch e YouTube diventano le nuove case della creatività giovanile. Lì, dove l’audience non è un target ma una community, si ride, si piange, si costruiscono linguaggi nuovi. E da noi? Si ripropone il “figlio di” a ballare nel talent. Si fa un talk per parlare dell’ultimo talk. Si invita la polemica a cena e si manda in onda il dopo cena con gli avanzi.

La verità è che la TV italiana ha smesso di raccontare il presente. Non sa più dove sta andando e nemmeno da dove viene. È rimasta lì, a metà del guado, incapace di parlare ai giovani e stanca di servire ai vecchi. E ora il pubblico, semplicemente, non la guarda più. Non per protesta. Ma per noia.

La stagione è finita. Il pubblico se n’è andato. Resta solo la TV, da sola, a specchiarsi nel proprio passato. Come scriveva Umberto Eco, “La cultura di massa è l’anticultura.” Una frase che oggi suona come una profezia esaudita. La televisione italiana, che un tempo incarnava l’alfabetizzazione popolare, si è trasformata in una macchina che produce contenuti dal valore culturale inversamente proporzionale alla loro visibilità. È rimasto lo schermo, ma si è spenta la funzione. L’audience, quell’elemento tanto idolatrato nei decenni d’oro, ora sembra il fantasma di un culto che non ha più fedeli. È rimasto lo schermo, ma si è spenta la funzione.

Ma non vi preoccupate: arriva l’intrattenimento estivo. Quattro ex famosi buttati in mezzo al mare ci metteranno di fronte alla realtà. La ruota gira per tutti. E la tragedia, come da tradizione italica, diventa commedia. Sempre in replica, ovviamente.

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