Tese il braccio destro nel cuore di Auschwitz, proprio lì dove il mondo ha conosciuto il volto più feroce dell’umanità. Un gesto agghiacciante, a maggior ragione se compiuto da un ragazzino di appena 14 anni, durante una visita scolastica con un istituto di Firenze. Era ottobre 2022 e quel saluto nazista tra i binari del campo di sterminio — dove persero la vita quasi un milione di persone — provocò uno sdegno immediato, sia in Polonia che nel resto d’Europa. Non fu archiviato come una semplice bravata. Né in Italia, né all’estero.
Il problema resta
Le autorità polacche, in particolare, scelsero da subito la via giudiziaria. In Polonia, del resto, chi fa pubblicamente propaganda fascista o totalitaria può finire in carcere fino a tre anni. La sorveglianza del sito museale di Oświęcim (dove si trova l’ex lager) segnalò il gesto e il ragazzo fu identificato: venne aperta un’indagine penale, mentre la scuola e la famiglia furono subito coinvolte.
A pesare sul caso, in modo determinante, fu l’età del ragazzo, minorenne e considerato per questo in grado di comprendere il peso del gesto solo in parte. È proprio sulla base di questo che, mesi dopo, le autorità giudiziarie polacche scelsero di non procedere con una condanna, ma di applicare quella che viene definita una “misura educativa sotto forma di avvertimento”. Una sorta di ammonizione ufficiale, un atto simbolico ma dal peso morale importante: il ragazzo è stato richiamato, messo di fronte alla gravità di quanto fatto, e – si spera – educato a non ripetere un simile gesto in futuro.
No, il saluto nazista ad Auschwitz non può passare inosservato
Anche la Procura dei Minorenni di Firenze, su richiesta della Polonia, aveva avviato un’inchiesta parallela per ricostruire il contesto familiare e scolastico del giovane. Ma il caso si è chiuso solo a fine aprile 2025, quando il giudice ha disposto il “non doversi procedere”, accogliendo il provvedimento già adottato dalle autorità polacche.
Tutto risolto, dunque? No. Perché il vero nodo è a monte. Un adolescente italiano che fa il saluto nazista ad Auschwitz non è solo il frutto di un momento di ignoranza o superficialità. È il sintomo di qualcosa che cova sotto la superficie: una sottocultura che banalizza il Male, che disprezza la memoria, che si rifugia dietro la provocazione per non dover riflettere. E allora, la domanda non è tanto se quel ragazzino meritasse una condanna o meno, ma come siamo arrivati al punto in cui un gesto così possa essere compiuto senza comprenderne l’orrore. Perché Auschwitz non è un palco da cui lanciare segnali di sfida. È il luogo dove il mondo ha giurato di non dimenticare. E oggi, forse, ce ne stiamo dimenticando.