Negli ultimi giorni sono circolati diversi articoli e post “linkediani” celebrativi sul nuovo fronte “shopping” di ChatGPT.
Toni trionfalistici, headline da rivoluzione:
“Oltre un miliardo di ricerche in una settimana. Non su Google. Su ChatGPT.”
E poi: preview dei prezzi, recensioni in tempo reale, link diretti per acquistare senza login e senza pubblicità.
La litania è sempre la stessa:
“Il search diventa conversazione.”
“Il search diventa esperienza.”
Tutto vero. Tutto anche già visto.
Stiamo semplicemente rifacendo l’e-commerce, ma con una voce più morbida e confidenziale.
L’intelligenza artificiale si è messa un vestito nuovo per fare esattamente ciò che già facevamo: comprare.
Eppure, il potenziale dell’AI non è (e non dovrebbe essere) questo.
Non nasce per aiutare a scegliere tra due modelli di zaino.
Nasce per spostare i limiti della conoscenza.
In medicina, può collaborare con i medici per individuare tumori prima che si manifestino.
Nella ricerca scientifica, può analizzare milioni di studi e trovare connessioni che a noi sfuggono.
In filosofia, può simulare sistemi di pensiero alternativi e generare nuove domande, non solo risposte.
In architettura, può guidare progettazioni sostenibili, abitative, collettive.
Questo è il vero campo di battaglia: non l’efficienza del consumo, ma la potenza del pensiero condiviso.
La vera rivoluzione dell’intelligenza artificiale non sarà un’esperienza d’acquisto.
Sarà una esperienza cognitiva.
Il giorno in cui diremo:
“Questa cura è nata grazie all’AI”
“Questa ipotesi scientifica è emersa da una conversazione con un modello linguistico”
quello sarà il giorno della svolta.
Fino ad allora, possiamo anche goderci il nuovo shopping in chat.
Ma senza raccontarci favole.
Perché se l’AI serve solo a vendere, allora non è intelligente.
È pubblicità.