Home CRONACA Altri due in un giorno, ora basta suicidi in carcere

Altri due in un giorno, ora basta suicidi in carcere

Il bilancio al 14 marzo è di 23 suicidi in carcere dall’inizio del 2024: uno ogni tre giorni. Ieri, 13 marzo, si sono tolti la vita in due. Un ventenne nel carcere di Castrogno a Teramo, dove fine gennaio si era già suicidato un 37enne. Nel carcere di Secondigliano, a Napoli, si è tolto la vita un detenuto straniero di 33 anni senza fissa dimora.

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Il bilancio al 14 marzo è di 23 suicidi in carcere dall’inizio del 2024: uno ogni tre giorni. Ieri, 13 marzo, si sono tolti la vita in due. Un ventenne nel carcere di Castrogno a Teramo, dove fine gennaio si era già suicidato un 37enne. Nel carcere di Secondigliano, a Napoli, si è tolto la vita un detenuto straniero di 33 anni senza fissa dimora. È il quinto suicidio in carcere in Campania da inizio anno. Lo si apprende dal Garante campano delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello.

Un giovane detenuto del carcere di Castrogno a Teramo, ventenne secondo le prime informazioni, si è suicidato nella sua cella. Il ragazzo, riportano i media locali, si sarebbe impiccato nel bagno, nel giorno del suo compleanno. A lanciare l’allarme è stato il compagno di cella. 

Il 12 marzo aveva deciso di farla finita il trapper Jordan Jeffrey Baby, in galera per rapina. Aveva solo 26 anni.

Senza vergogna

I leoni da tastiera che indecentemente, sui social, commentano scemenze come “uno di meno. Grazie” o “-1 bocca da sfamare con i nostri soldi, avanti il prossimo”, non si meritano nemmeno la Bibbia: “Perdonali, perché non sanno quello che fanno”.

La coordinatrice di Antigone Susanna Marietti affida al Fatto quotidiano la sua intelligente analisi: “In carcere ci si ammazza circa venti volte di più rispetto a quanto accada nella società libera. Il sistema penitenziario è sempre più un grande selettore di disperazione. Sempre più andiamo imprigionando le parti più deboli e meno protette della società.

Non le più criminali, ma le più disperate. In carcere si sta male, e da qualche tempo si sta ancora peggio. Il sovraffollamento crescente produce assenza di spazi vitali, condizioni di vita degradate, compressione di quel poco che residuava di vita sociale, paura, abbandono, vergogna, umiliazione. Si perde la speranza, si cancella ogni possibilità di immaginare una via di uscita, di riscatto, di recupero.

Letti a castello a tre piani

Si vive ammassati ma si è tragicamente soli. In celle chiuse per quasi l’intera giornata, al terzo piano di un letto a castello, dovendo fare i turni per potersi alzare in piedi perché manca lo spazio, per venti ore su ventiquattro. Anche gli operatori penitenziari sono lasciati soli a gestire una situazione indegna di un paese che presiede il G7.

I detenuti si trasformano in numeri indistinguibili, tutt’al più etichettati come fastidiosi. Non pochi di loro presentano infatti problemi psichici, crisi di astinenza da droghe o da farmaci, disturbi comportamentali. Ma chi non li avrebbe nelle loro condizioni? Se mai questa tragica sequenza di morti dovesse continuare a simili ritmi, raggiungeremmo numeri mai visti nella storia repubblicana.

Il ministro della Giustizia si mobiliti

Per fermare questa strage silenziosa il ministro della Giustizia deve subito portare in Parlamento una serie di norme per deflazionare il sistema penitenziario e garantire una vita interna dignitosa. Si conceda da subito a tutti i detenuti una telefonata giornaliera, superando le restrizioni incomprensibili che oggi prevedono che ogni persona detenuta possa parlare con i propri cari non più di dieci minuti alla settimana.

Si aumentino i video-colloqui. Si aiutino diecimila persone che hanno da scontare meno di tre anni di pena ad accedere a misure alternative. Si gratifichi il personale, si esalti la loro missione costituzionale. Si emarginino coloro che invece si muovono nel solco della violenza. Si smetta di usare un linguaggio di odio. Non si dica mai più che le persone detenute devono marcire in galera o che va buttata la chiave.

Si ritiri il disegno di legge governativo che introduce il delitto di rivolta penitenziaria anche per chi resiste in maniera passiva a un ordine di polizia. È un manifesto di cultura illiberale. I giovani detenuti che si sono tolti la vita meritano un ricordo, un risarcimento morale. Si apra quantomeno una discussione pubblica intorno al fallimento di un sistema che è stato pensato dai nostri costituenti come volto al recupero sociale ed è invece diventato una drammatica fabbrica di morti.

A livello regionale il maggior numero di suicidi risulta nella Provincia di Trento (9,75), seguita dalla Sardegna (8,25) e dalla Provincia di Bolzano (7,7). Il dato sui suicidi nel Nord-Ovest (6,23) è pressoché doppio rispetto al Sud (3,64).

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