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“Il cuore non ha le rughe”: Ferri Spandri e la violenza che non si può addolcire. «L’ho scritto di pancia. Nessuno mi ha mai davvero ascoltata»

Il romanzo autobiografico di una donna che ha attraversato la violenza e ne è uscita viva. Una voce nuda, non addomesticata, lontana dalla retorica e vicina alla verità.

Ci sono libri che non nascono per entrare in un dibattito, né per cavalcare un trend sociale, né per posizionarsi dentro il frame perfetto delle campagne di sensibilizzazione. Ci sono libri che nascono perché, se non li scrivi, qualcosa dentro di te resta sospeso, irrisolto, velenoso.

Il cuore non ha le rughe appartiene a questa categoria.

Ferruccia Spandri non ha limato nulla, non ha sterilizzato il proprio dolore, non ha cercato di renderlo “accettabile”. Ha scritto come si confessa quando si è arrivati al limite: in modo diretto, quasi brutale, senza sovrastrutture. Ha raccontato una relazione tossica, una dipendenza affettiva che brucia ogni logica, una violenza che non esplode: sgocciola, corrode, sfinisce.

Oggi tutti parlano di narcisismo patologico, gaslighting, dinamiche tossiche. Ma Ferruccia lo ha fatto prima, quando queste parole non erano ancora poster, reel, hashtag, strumenti di engagement. Ed è forse proprio questa autenticità a rendere la sua voce così potente e, allo stesso tempo, così scomoda.

“Ho scritto a molte associazioni, offrendo il libro gratuitamente. Risposte? Complimenti, arrivederci e grazie.”

In un mondo che trasforma tutto in contenuto, Ferruccia Spandri rimette al centro la realtà nuda: quella che non piace, quella che non si può addolcire, quella che resta anche quando le luci si spengono.

Abbiamo deciso di ascoltarla. E quello che segue non è solo un’intervista: è un atto di onestà.

Redazione – “Il cuore non ha le rughe” è il tuo primo libro. E, dicevi, probabilmente anche l’ultimo. Perché?
Spandri – Sì, primo e ultimo. Scrivere è difficilissimo, soprattutto per me che vengo da una formazione scientifica. È stato un bisogno, non un progetto letterario.

“L’ho scritto di pancia. Senza fronzoli. Come viene fuori un dolore che non sai più dove mettere.”

Redazione – Hai insegnato per molti anni?
Spandri – Sì, ho insegnato a lungo. Ora sono in pensione.

Redazione – Il tuo libro è diretto, crudo, privo di giudizi. Lo hai scritto prima che il dibattito pubblico si riempisse di terminologia psicologica. Oggi il tema è ovunque, spesso strumentalizzato. Hai avuto contatti con il mondo femminista, le associazioni, le influencer?
Spandri – Sì, ma posso essere sincera? Molto fumo, poca sostanza. Ho scritto a diverse associazioni nazionali, offrendo il libro gratuitamente per aiutare altre donne. Risposte di circostanza e basta.

Redazione – Quindi nessun reale coinvolgimento?
Spandri – Nessuno. Il mondo “woke” non ha voluto saperne. Le scuole sì, qualcuna mi ha invitata. Le associazioni? Nulla. Il 25 novembre si fanno belli tutti. Il 26 nessuno si ricorda più di nulla. E il braccialetto elettronico… inutile. Io ci metterei una scarica elettrica, quella sì che funzionerebbe.

“Il 25 novembre tutti parlano. Il 26 nessuno ascolta più.”

Redazione – Sei sopravvissuta a violenze gravissime. Ritieni che oggi sia peggio?
Spandri – Sì. Ai miei tempi si nascondeva tutto, ma almeno c’era un rispetto minimo della vita. A me ha strangolato, rotto il naso, perforato un timpano. Ma oggi si va oltre. Subito.

Redazione – Le istituzioni ti hanno coinvolta in progetti di prevenzione?
Spandri – Ho scritto al Ministero dell’Istruzione, a Valditara, perfino alla Meloni. L’unica risposta è arrivata dalla segretaria particolare della Meloni, che mi ha chiesto il libro. L’ho mandato. Poi silenzio. Un gesto di cortesia, niente più.

Redazione – Perché hai scelto di scrivere in terza persona?
Spandri – Mi proteggeva. E per raccontarla come un romanzo pur essendo tutto vero. Ho cambiato i nomi, ma non i fatti. Io sono schietta: non so scrivere fronzoli. L’ho buttato giù di pancia. Durante il lockdown ho ripreso due capitoli scritti dopo la separazione e ho finito il libro. È stato terapeutico.

Redazione – Alcune scene le avevi rimosse.
Spandri – Sì, me le ha ricordate mia cognata. Se ascolti lui ti convince che la vittima è lui. È un manipolatore totale.

Redazione – Se oggi potessi dire qualcosa al tuo ex marito?
Spandri – Nulla. Una volta mi ha fermata chiedendomi di mio fratello malato. Gli ho detto: “La salute della mia famiglia non ti riguarda”. Lui: “Lo chiedo per educazione”. Io: “Allora per educazione, non rivolgermi mai più la parola”. Finito.

“Senza quella forza sarei morta. Non è coraggio: è necessità.”

Redazione – Nel libro non c’è odio. È sorprendente.
Spandri – Sì, me lo dicono. L’ho amato da morire. Ognuno ha una forza e una debolezza. Lui era la mia.

Redazione – Che consiglio daresti a una donna che vive ciò che hai vissuto tu?
Spandri – Finché non ti scatta qualcosa dentro, non te ne vai. Gli altri possono dirtelo mille volte. Tu lo sai. Ma non ce la fai. È una dipendenza. Quando tocchi il fondo, allora ti salvi.

“Le dipendenze affettive sono come la droga. Ne esci solo quando ti spegni o quando ti svegli.”

Redazione – Oggi come stai? Hai un nuovo compagno?
Spandri – Ma figurati. Lontani tutti gli uomini. Ho quattro figli, undici nipoti. Sono circondata d’amore. La felicità dura un attimo, la serenità no. Io sono molto serena.

Redazione – Ferruccia, grazie per aver condiviso questa storia.
Spandri – Grazie a voi. Mi sono sentita ascoltata, davvero.

Il romanzo “il Cuore non ha le rughe” è disponibile qui.

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