A Reggio Emilia, in una scuola elementare, si è deciso di riscrivere i testi delle canzoni natalizie per “non offendere” gli alunni di altre religioni. Un intervento presentato come inclusivo, che in realtà si traduce nella rimozione di Gesù — il cuore, la radice e il fondamento stesso del Natale.
A denunciare l’accaduto è stata la Lega, riportata dal Resto del Carlino, e il caso ha acceso un dibattito che merita di essere affrontato con chiarezza.
La modifica dei testi e la cancellazione del significato
Nella recita di Natale della scuola San Giovanni Bosco, il celebre Din Don Dan — versione italiana di Jingle Bells — è stato modificato in due passaggi fondamentali.
La frase «Aspettando quei doni che regala il buon Gesù» è stata trasformata in «Aspettano la pace e la chiedono di più».
E «Oggi è nato il buon Gesù» è diventato «Oggi è festa ancor di più».
Di Gesù, nemmeno l’ombra.
Di Natale, solo una cornice decorativa svuotata di senso.
Inclusione o cancellazione culturale?
Togliere Gesù da una canzone di Natale non include nessuno. Non rispetta le differenze religiose. Non favorisce la convivenza.
È solo un atto simbolico che cancella la nostra cultura, la nostra storia, la nostra identità collettiva.
Perché l’inclusione vera non chiede di amputare ciò che siamo.
Non chiede di annacquare le tradizioni per renderle “neutre”.
Non chiede di rinunciare ai simboli millenari che definiscono il nostro Paese.
E soprattutto: nessun bambino di altra religione è “offeso” da un canto natalizio.
La convivenza non nasce dalla cancellazione delle differenze, ma dal riconoscimento reciproco.
Chi vive in Italia incontra le tradizioni italiane — esattamente come noi, all’estero, incontriamo quelle dei Paesi che ci ospitano e ci adattiamo, con rispetto, senza pretendere che vengano modificate per noi.
La perdita delle radici è la vera diseducazione
Le scuole non dovrebbero essere laboratori di rimozione culturale.
Dovrebbero essere luoghi in cui si educa al confronto, al dialogo, alla pluralità.
E non c’è dialogo possibile se si parte cancellando le proprie radici.
È diseducativo far credere ai bambini che la loro storia debba essere nascosta per non turbare qualcuno.
È falso, è una distorsione del concetto di inclusione, ed è profondamente dannoso.
Il Natale ha un’identità: ignorarla significa tradirlo
Possiamo discuterne politicamente quanto vogliamo, ma la realtà resta semplice:
il Natale è una festa cristiana.
Esiste perché celebra la nascita di Gesù.
Censurarlo significa falsificare la storia.
Significa trasformare una tradizione viva in un evento commerciale, vuoto, senza anima.
E farlo a scuola — dove si formano i cittadini di domani — è un passo indietro culturale enorme.
Inclusione non è cancellazione: è rispetto reciproco
Il punto è proprio questo: il rispetto non nasce dall’eliminazione dei simboli, ma dalla convivenza tra differenze, dall’apertura, dalla capacità di spiegare ai bambini chi siamo e perché celebriamo ciò che celebriamo.
Togliere Gesù non serve a nessuno.
Serve solo a indebolire il senso di comunità e a farci credere che essere italiani, oggi, sia qualcosa di cui doversi giustificare.
Preservare radici, storia, tradizione non è un gesto ideologico.
È un gesto di identità.
E rinunciarvi — nel nome di una finta inclusione — è una deriva che non possiamo permetterci.


















