
Una proposta che restringe, ma non chiude
La Lega torna sul tema della cittadinanza e presenta alla Camera una proposta di legge che punta a rendere più severo l’accesso allo status di italiano per gli stranieri nati in Italia. Niente più dichiarazione a 18 anni e via libera automatico: servono residenza continua, requisiti rigidi e un esame di integrazione. Una stretta? Sì. Ma non quel giro di vite che molti italiani si aspettavano.
L’esame di integrazione: un filtro… o un contentino?
La novità più discussa è l’introduzione di un esame obbligatorio. Dovrebbe verificare integrazione reale, conoscenza delle regole sociali e rispetto delle norme giuridiche minime. Una misura logica, quasi ovvia, che arriva con anni di ritardo. Ed è proprio questo il punto: se questa è la “stretta”, siamo lontani da un vero cambio di passo. In molti paesi europei, test del genere sono la base, non l’eccezione.
Requisiti penali più rigidi: era il minimo
La proposta inserisce l’assenza di condanne e procedimenti penali tra i criteri indispensabili per la cittadinanza. Violenza di genere, stupri, stalking, revenge porn, tratta: chi commette reati gravi deve perdere ogni pretesa di diventare italiano. Sacrosanto. Ma non dovrebbe nemmeno servire una legge nuova per affermare una banalità del genere.
Il “volere del popolo” come bussola politica
La Lega ricorda che il referendum del giugno 2025 ha respinto la riduzione del periodo di residenza da dieci a cinque anni, segnale — dicono i firmatari — di una volontà popolare chiara: la cittadinanza non è un regalo, è un riconoscimento. E va meritato. Perfetto. Ma se questa è davvero la voce del Paese, allora perché accontentarsi di un maquillage normativo? Perché non mettere finalmente mano a una riforma più radicale, più severa, più coerente?
Ricongiungimenti e status di lungo soggiornante: un nodo irrisolto
La proposta tocca anche il tema del ricongiungimento familiare e l’accesso allo status di lungo soggiornante, che apre a diritti sociali e aiuti pubblici. Vengono introdotte limitazioni, sì, ma restano margini enormi che continuano a pesare sulle casse dello Stato. Limitare non basta: servirebbe ridisegnare completamente il sistema.
Un giro di vite che lascia ancora aperte troppe porte
La proposta modifica la legge del ’92 e irrigidisce criteri e revoche. Un passo avanti rispetto al passato, certo. Ma per chi invoca una cittadinanza responsabile, selettiva, meritocratica, queste misure sembrano più un compromesso che una decisione netta. Si restringe, ma non si chiude. Si filtra, ma non si seleziona davvero.

















