Una scomparsa trasformata in incubo
Per dieci giorni la storia di Tatiana Tramacere è sembrata la classica tragedia che nessuno vuole raccontare: una giovane donna sparita nel nulla, il terrore del suicidio, la paura di un’aggressione, le famiglie distrutte dall’ansia. La macchina delle ricerche si era attivata a pieno regime. Prefettura, forze dell’ordine, volontari, investigatori: tutti a caccia di una traccia, di un indizio, di qualsiasi segnale che potesse far sperare di ritrovarla viva.
Invece la verità, quando è venuta a galla, ha lasciato tutti senza fiato. Tatiana non era né morta né in pericolo. Era nascosta nell’appartamento del suo amico – e fidanzato di fatto – Dragos Ioan Gheormescu. Una messa in scena che ora rischia di trasformarsi in un vero caso giudiziario.
Indagati per procurato allarme e simulazione di reato
La Procura di Lecce ha deciso di iscrivere entrambi nel registro degli indagati. L’accusa, almeno per ora, è pesante: procurato allarme e simulazione di reato. Due reati che, se confermati, parlano già da soli. Non si tratta di “ragazzate”, ma di condotte che possono far scattare intere operazioni di emergenza, distogliendo risorse, tempo e energie che lo Stato potrebbe impiegare per chi è davvero in pericolo.
Gli inquirenti non escludono nemmeno un’ulteriore contestazione: il favoreggiamento personale. Il quadro è in evoluzione, e la vicenda rischia di allargarsi ancora.
La versione di Dragos: tra lettere, scuse e presunto plagio
Quando Tatiana è stata finalmente trovata, Dragos è stato immediatamente ascoltato dai carabinieri. Davanti alle telecamere è stata letta una sua dichiarazione che suona come un tentativo di giustificazione: un “sentimento forte” che li avrebbe trascinati in questa fuga dalla realtà, un piano condiviso che – sostiene – non avrebbe mai immaginato potesse assumere una dimensione pubblica così enorme.
Insiste sul fatto di essere stato plagiato, di aver provato a convincere Tatiana a tornare indietro man mano che l’attenzione mediatica cresceva. Ma la sua stessa lettera lo smentisce a metà: ammette di aver parlato spontaneamente con i carabinieri, confermando che tutto era frutto di un accordo. E chiede scusa a genitori, comunità e forze dell’ordine.
Il danno provocato: non una bravata, ma un terremoto
Questa storia non è un episodio curioso da commentare con leggerezza. È un caso che ha messo in moto un enorme apparato pubblico. Ore di lavoro buttate via, investigatori e operatori strappati ad altre emergenze, mezzi e risorse dispiegati per inseguire un pericolo che non esisteva. Senza contare l’angoscia dei genitori, lasciati a immaginare il peggio mentre tutti temevano un gesto estremo.
Ogni volta che si scompare davvero, ogni minuto è vitale. Qui si è giocato con quell’ansia, con quella paura, con la macchina dello Stato. Una scomparsa finta è una ferita reale per chi indaga, per chi soccorre, per chi aspetta una figlia che potrebbe non tornare.
Non si chiude con una risata. Non si archivia come un fraintendimento.
Le valutazioni del penalista: non tutto è scontato
Secondo il professor Pierpaolo Dell’Anno, esperto di diritto penale, l’iscrizione nel registro degli indagati è un passaggio tecnico, non una condanna anticipata. Il penalista ritiene che per Tatiana potrebbe non configurarsi alcuna responsabilità per procurato allarme, perché non avrebbe compiuto alcun atto comunicativo diretto. E solleva dubbi anche sulla simulazione di reato.
Ma aggiunge un punto cruciale: se dovesse emergere che Dragos ha mentito agli investigatori su istigazione di Tatiana, allora entrambi dovrebbero risponderne. E il quadro cambierebbe radicalmente.
Una storia a lieto fine che diventa un caso giudiziario
Tatiana è viva, ed è ciò che conta di più. Ma questo non cancella il caos causato, né le conseguenze penali che potrebbero scatenarsi. Il pubblico ministero Massimiliano Carducci ha già chiarito che le indagini andranno avanti, e le accuse sono tutt’altro che simboliche.
Perché qui non c’è stato un pericolo inesistente: c’è stata una gigantesca distrazione delle risorse pubbliche. E, soprattutto, c’è stata la paura vera di perdere una ragazza di ventisette anni, mentre qualcuno pensava che fosse solo una “avventura”.
Una vicenda così non si può liquidare con un’alzata di spalle.
La giustizia adesso vuole capire come e perché si è arrivati a tanto.


















