Un voto che apre più domande che soluzioni
La Camera approva il ddl Valditara sull’educazione sessuo-affettiva. Il testo passa ora al Senato, ma già oggi appare per quello che è: una norma che accende lo scontro politico senza chiarire chi dovrebbe realmente occuparsi di un tema così delicato.
La domanda chiave rimane sospesa: chi insegnerà la sessualità ai ragazzi? Nessuno lo spiega, nessuno lo definisce.
Corsi vietati alle elementari, vincoli alle superiori
Il provvedimento vieta ogni attività alle scuole elementari e impone il consenso dei genitori per medie e superiori. Un impianto restrittivo, presentato come un atto di tutela della famiglia.
Ma la rigidità non scioglie i nodi: cosa rientra nella “sessualità”? Quali contenuti sono ammessi? Chi certifica competenze e ruoli?
La legge tace. E lascia ampi margini di interpretazione – quindi di conflitto.
Lo scontro politico si accende, mentre i contenuti restano indefiniti
Da un lato, la maggioranza parla di protezione del “primato educativo dei genitori”, evocando fantasmi come drag queen e porno attori nelle scuole.
Dall’altro, l’opposizione denuncia un impianto oscurantista, arretrato, anti-scientifico.
Nel mezzo, il vero punto resta ignorato: affidiamo a sconosciuti, esterni alla famiglia, una responsabilità che dovrebbe essere prima di tutto genitoriale?
Il nodo centrale: la scuola può aiutare, non sostituire la famiglia
L’educazione sessuale è una responsabilità enorme. Troppe volte è stata politicizzata, ideologizzata, affidata a chiunque, tranne a chi dovrebbe averne la guida naturale: i genitori.
La scuola può affiancare, accompagnare, sostenere.
Ma non può – e non deve – sostituirsi alla dimensione educativa più intima e valoriale che un ragazzo ha: la propria famiglia.
Il mito dell’educazione sessuale come soluzione ai femminicidi
C’è poi un’altra grande illusione: che un modulo scolastico possa invertire i dati sulla violenza di genere.
La realtà è molto più complessa. Nei Paesi dove l’educazione sessuale esiste da decenni, il tasso di femminicidi non è crollato.
Perché il rispetto, il consenso, l’empatia non si imparano in due ore di corso, ma in un ambiente familiare che insegna – ogni giorno – relazioni sane e confini chiari.
Un compito che non può essere delegato
La politica discute, la scuola viene caricata di aspettative enormi, e nel frattempo nessuno affronta il succo:
l’educazione affettiva e sessuale non può essere lasciata alla discrezionalità di istituzioni improvvisate.
Serve responsabilità, serve guida, serve presenza.
E questo compito, prima di ogni altro, è e resta dei genitori.


















