Il fronte governativo si spacca
La tenuta della maggioranza torna a scricchiolare sul dossier più delicato di politica estera: gli aiuti militari all’Ucraina. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, ha rimesso sul tavolo dubbi che covavano da mesi, contestando la linearità con cui l’Italia continua a finanziare e armare Kiev. Il nodo, secondo lui, è chiaro: gli scandali di corruzione emersi nel governo ucraino gettano ombre pesanti sulla destinazione dei fondi italiani. Un affondo che rompe l’equilibrio interno della coalizione e costringe gli alleati a una risposta immediata.
Le accuse del vicepremier
Il leader della Lega prende come riferimento una recente indagine che avrebbe fatto emergere una maxi-frode nel settore energetico, stimata intorno ai cento milioni di dollari e già costata il posto a due ministri ucraini. Per Salvini, ignorare episodi di questa portata sarebbe una leggerezza imperdonabile. Le sue parole sono nette: non è più possibile inviare armi “senza chiedersi se i soldi dei lavoratori e dei pensionati italiani possano finire in circuiti corruttivi”. Più ancora, mette in dubbio l’efficacia della strategia militare: continuare a inviare armamenti, dice, non porterà alla fine del conflitto. Serve un cambio di passo, un’altra via.
La replica durissima di Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto non ha lasciato spazio alle interpretazioni: l’Italia, secondo lui, non può piegare la propria linea per colpa di due casi di corruzione. Il paragone storico che utilizza è pesante e studiato: ricorda che durante la Seconda Guerra Mondiale gli Alleati decisero comunque di aiutare l’Italia, pur sapendo dell’esistenza della mafia. L’obiettivo, allora come oggi, sarebbe quello di sostenere una popolazione civile sotto bombardamenti costanti. Crosetto è categorico: gli aiuti devono continuare, perché la guerra non distingue tra soldati e innocenti e gran parte degli attacchi russi colpisce direttamente i civili.
Tajani conferma: nuovi aiuti in arrivo
A fare da contrappeso tra le due posizioni arriva il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che svela il prossimo passaggio: un nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina è pronto e sarà firmato a breve. Tajani riconosce l’importanza della trasparenza e della lotta alla corruzione, ma ribadisce che l’Italia ha un dovere morale e strategico nel sostenere Kiev. In parallelo, si valuta l’invio di generatori elettrici per affrontare il duro inverno ucraino, segno che Roma vuole mantenere la rotta, semmai rafforzando i controlli, non rallentando il sostegno.
Una frattura che va oltre il confronto politico
Lo scontro interno alla maggioranza rivela una tensione profonda: per la prima volta da mesi, il fronte governativo mostra un vero disallineamento sulla politica estera. Non è solo una divergenza tattica: riguarda la credibilità dell’Italia, il rapporto con gli alleati europei e la percezione internazionale di Roma come partner affidabile. I dubbi sollevati da Salvini rischiano di incrinare un equilibrio già fragile, mentre gli alleati temono che ogni tentennamento possa essere interpretato come un arretramento politico di fronte a Mosca.
L’Italia davanti a un bivio
La disputa non è destinata a spegnersi presto. Gli aiuti all’Ucraina continuano a essere un terreno minato dove morale, geopolitica e strategia si intrecciano senza una soluzione semplice. La premier e i suoi ministri cercano di mantenere una linea compatta, ma l’offensiva di Salvini potrebbe aprire scenari imprevedibili: tensioni interne, frizioni europee, e un dibattito pubblico sempre più acceso sulla sostenibilità — economica e politica — di un impegno bellico che dura da anni. L’Italia, oggi, si trova davanti a un bivio: rinnovare il proprio sostegno a Kiev o ricalibrare la sua posizione. Entrambe le strade hanno un costo, ed è proprio questo che rischia di dividere il governo.


















