L’ombra del Duce nella foto ritrovata
Una vecchia foto, un busto di Benito Mussolini e una figura che oggi guida la Commissione parlamentare Antimafia. È questo il materiale scovato da Report e destinato a far rumore: nella foto del 2015, pubblicata dal programma di Rai3, compare Chiara Colosimo — all’epoca già consigliera regionale di Fratelli d’Italia — accanto a Pamela Perricciolo, con in primo piano il volto bronzeo del Duce.
Lo scatto, originariamente pubblicato su Facebook da Perricciolo con la didascalia “Stiamo lavorando con nonno Benito per creare il nostro angolo di relax”, era rimasto sepolto nei meandri dei social fino a oggi. Colosimo, secondo quanto anticipato da Repubblica e confermato dal giornalista Giorgio Mottola, avrebbe riconosciuto l’autenticità dell’immagine.
La difesa che non convince
Nell’inchiesta di stasera, Colosimo non solo conferma la foto, ma affronta anche il tema dei rapporti con lo zio Paolo Colosimo — condannato per aver fatto da tramite tra il faccendiere di estrema destra Gennaro Mokbel e la ’ndrangheta.
Un intreccio di nomi, simboli e ricordi che solleva domande pesanti: può la presidente dell’Antimafia convivere con un passato che flirta con l’estrema destra e i suoi feticci?
“Era solo una battuta”?
Quando Report chiede spiegazioni a Pamela Perricciolo, la risposta arriva tra contraddizioni e sorrisi nervosi:
“Io so’ ancora di destra sì, che è un reato? Ma quando mai, un busto non ce l’abbiamo mai avuto”, dice prima di negare persino di ricordare lo scatto. Poi, quasi ironica, aggiunge: “Pensa quanto poteva essere grave, che la teniamo sul profilo da anni…”
Una difesa che suona più come una toppa che come chiarimento.
Perché se è vero che una foto non fa una condanna, è altrettanto vero che un busto di Mussolini — accanto a una deputata oggi ai vertici dell’Antimafia — è tutto fuorché un dettaglio irrilevante.
Il nodo politico
La questione va oltre la memoria o le vecchie amicizie.
Rivela una verità scomoda: l’estrema destra italiana continua a convivere con simboli e nostalgie che non riesce — o non vuole — archiviare del tutto.
E quando quei simboli finiscono accanto al volto di chi rappresenta lo Stato nella lotta contro le mafie, il cortocircuito è inevitabile.


















