
L’asse sovranista tra Washington e Budapest si rinsalda, e lo fa nel segno di una promessa che suona come un avvertimento all’Europa: “La guerra in Ucraina finirà presto”. È il messaggio lanciato da Donald Trump e Viktor Orbán al termine del loro incontro alla Casa Bianca. Un incontro che ha avuto il sapore di un ritorno al passato — quello in cui l’America e l’Ungheria parlavano la stessa lingua: quella del nazionalismo, dell’identità e del pragmatismo energetico.
L’esenzione che cambia tutto
Gli Stati Uniti hanno concesso all’Ungheria un’esenzione di un anno dalle sanzioni sul petrolio russo. Un gesto che la Casa Bianca definisce “strategico”, ma che sa di benedizione politica. In cambio, Budapest ha promesso di acquistare gas naturale liquefatto americano per 600 milioni di dollari. Un affare per Trump, che si presenta come il salvatore dell’industria energetica Usa e come l’uomo capace di “rimettere l’Europa in riga”.
L’Ungheria, che importa l’86% del suo petrolio da Mosca, evita così un colpo durissimo alla propria economia. “È molto difficile per Orban ottenere petrolio e gas da altre aree. Non hanno il mare”, ha spiegato Trump, con il tono paternalista del leader che giustifica l’amico disobbediente.
Orbán incassa e rilancia
Per Viktor Orbán, la visita a Washington è stata un trionfo. Ha incassato l’endorsement del presidente americano, che ha invitato l’Europa a “rispettarlo di più”, e ha ottenuto una via di fuga dalle sanzioni occidentali. Ma non solo: ha rafforzato la sua immagine di mediatore nella guerra in Ucraina, rilanciando l’idea di un incontro con Vladimir Putin “a Budapest”.
Trump, da parte sua, non ha escluso nulla. “C’è sempre una possibilità”, ha detto, aprendo la porta a un vertice che farebbe tremare Bruxelles. “Mi piacerebbe si tenesse a Budapest”, ha aggiunto, sorridendo come solo un tycoon che annusa l’affare sa fare.
Zelensky alza la voce
Da Kyiv, Volodymyr Zelensky ha reagito con rabbia. “Non permetteremo ai russi di vendere petrolio all’Ungheria”, ha dichiarato, accusando Budapest di finanziare la macchina di guerra di Mosca. Ma le sue parole, ormai, sembrano cadere nel vuoto. L’Europa è distratta, e Trump ha tutto l’interesse a mostrare che la sua diplomazia funziona meglio di quella di Biden.
Europa sotto accusa
Durante la conferenza congiunta, Trump non ha risparmiato colpi ai partner europei. “Guardate cosa è successo in Europa con l’immigrazione: Paesi irriconoscibili”, ha tuonato, indicando Orbán come esempio di “resistenza identitaria”. Il premier ungherese, dal canto suo, ha colto la palla al balzo: “Siamo l’unico governo in Europa che si considera cristiano. Tutti gli altri sono governi liberali di sinistra”.
È il nuovo manifesto della destra globale: sovranismo, fede e frontiere. Con Trump e Orbán come alfieri di una crociata che punta a ridisegnare l’Occidente.
L’obiettivo finale: la scena mondiale
Ma dietro i sorrisi e le strette di mano si nasconde una strategia precisa. Orban vuole che Trump visiti l’Ungheria prima delle elezioni di aprile. Una mossa che lo trasformerebbe in statista internazionale e galvanizzerebbe la sua base conservatrice. Trump, invece, punta a dimostrare che solo lui può fermare la guerra in Ucraina e “rimettere ordine nel mondo”.
A Bruxelles tremano, a Mosca brindano. Perché con Trump e Orbán di nuovo allineati, l’Europa rischia di restare spettatrice del proprio isolamento.
















