Fine della corsa: condanna e bottiglie all’asta
Cala il sipario sulla “Milano da bere” di Davide Lacerenza e Stefania Nobile. Il tribunale di Milano ha ufficializzato il patteggiamento: 4 anni e 8 mesi per lui, 3 anni per lei.
Una storia di champagne, lusso e notti infinite che si conclude con la stessa parola che, in fondo, è la più ambigua della giustizia italiana: patteggiamento.
Niente processo, niente clamore giudiziario — solo un verdetto chiuso in fretta, ma non senza ombre.
La movida trasformata in sistema
L’inchiesta della Guardia di Finanza aveva scoperchiato il dietro le quinte della “Gintoneria di Davide” e del privé “La Malmaison”: due locali simbolo della movida milanese, dove — secondo gli inquirenti — si mescolavano droga, escort e affari gestiti con disinvoltura.
Un business costruito sul fascino del lusso e sull’illusione del potere: tavoli da migliaia di euro, champagne da collezione, cocaina e sesso come parte dello stesso copione.
Ora la giustizia chiude i conti. Letteralmente.
Champagne come risarcimento
Tra le clausole dell’accordo: oltre 900 mila euro di beni confiscati, tra bottiglie di pregio e arredi dei locali, che verranno messi all’asta come risarcimento simbolico.
Il “re dello champagne” paga così con ciò che lo aveva reso famoso: il lusso che diventa prova, il marchio che diventa condanna.
Stefania Nobile, invece, sconterà la pena con lavori di pubblica utilità, un epilogo che chiude anche per lei il capitolo giudiziario aperto mesi fa.
Una caduta che racconta un’epoca
Lacerenza e Nobile erano l’emblema di una Milano scintillante e spregiudicata, dove la notte era business e il glamour una maschera.
Ma la linea è sottile: quando il piacere diventa mercato, la festa finisce sempre allo stesso modo — con la luce del giorno che rivela quello che la notte aveva coperto.
Oggi resta il vuoto dietro le insegne: i locali chiusi, le bottiglie sequestrate, le condanne firmate.
Azzeramento o nuovo inizio?
Secondo la difesa, questo patteggiamento “azzererà tutto”, permettendo a Lacerenza di “ripartire da zero”.
Ma l’azzeramento, in certi casi, è più morale che legale: la reputazione non si patteggia.
Milano, intanto, osserva in silenzio la fine di un’epoca fatta di eccessi e applausi a pagamento.
Forse questo è davvero un nuovo inizio. Ma non per tutti.