La resa di Turetta
È arrivata la resa. Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha deciso di non presentare appello.
La notizia, confermata dai suoi legali, chiude definitivamente il processo che per quasi un anno ha tenuto il Paese sotto shock.
Turetta accetta dunque la pena massima, senza più cercare riduzioni o attenuanti. Una scelta che arriva a sorpresa, a pochi giorni dalla scadenza del termine per impugnare la sentenza di primo grado.
L’omicidio che scosse l’Italia
Era il novembre 2023 quando Giulia, 22 anni, veniva trovata senza vita dopo giorni di ricerche.
A ucciderla, secondo la sentenza, fu l’ex fidanzato Filippo Turetta, incapace di accettare la fine della relazione.
Un delitto brutale, premeditato, consumato con ferocia e seguito da una fuga attraverso l’Europa, terminata con l’arresto in Germania.
L’omicidio Cecchettin è diventato un simbolo della violenza di genere in Italia, spingendo migliaia di persone a scendere in piazza per chiedere leggi più severe e percorsi di prevenzione reali.
Nessun appello, nessuna scusa
Con la rinuncia all’appello, la condanna all’ergastolo diventa definitiva.
Una decisione che Turetta non accompagna a dichiarazioni pubbliche o lettere di pentimento.
Il suo silenzio, fino all’ultimo, resta la cifra di una storia che ha lasciato solo dolore.
Gli avvocati parlano di “scelta personale e consapevole”, ma non spiegano se sia un atto di espiazione o rassegnazione.
Quel che è certo è che il processo si chiude qui — senza attenuanti, senza appello, senza più possibilità di revisione.
Giustizia, ma non sollievo
Per la famiglia Cecchettin, la fine del processo non cancella il vuoto.
La condanna definitiva è solo un passaggio formale, non una consolazione.
Giulia resta un volto e una voce per tante donne che hanno trovato nella sua storia un simbolo, doloroso ma necessario.
La giustizia ha fatto il suo corso.
L’umanità, invece, ne esce segnata per sempre.