Oggi a Sharm el-Sheikh prende ufficialmente il via il summit internazionale sulla tregua di Gaza, con oltre 20 leader mondiali riuniti sotto la guida di Donald Trump e del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.
Sulla carta, un evento storico: il primo passo per trasformare il cessate il fuoco in pace duratura.
Nella realtà, un vero e proprio palcoscenico politico, dove ogni leader cerca visibilità e consenso.
La pace come spettacolo
Tra limousines, conferenze stampa e selfie diplomatici, Sharm el-Sheikh appare più come un set che come un tavolo di negoziati.
Trump, con il suo ritorno sulla scena internazionale, sembra avere già vinto la partita mediatica: le foto sorridenti e le strette di mano servono più alla sua immagine che alla sicurezza reale dei civili.
Cosa resta sul terreno
Dietro le dichiarazioni e gli applausi ufficiali, le questioni cruciali restano irrisolte: Chi controllerà Gaza dopo il ritiro israeliano? Come verranno gestiti gli scambi di prigionieri e la protezione degli ostaggi?
I prossimi giorni saranno decisivi: la tregua è fragile, e la pace potrebbe rimanere una promessa sulla carta.
Europa e Palestina
L’Unione Europea partecipa come osservatore attivo, applaudendo e sottolineando l’importanza della cooperazione internazionale.
La Palestina chiede sostegno politico e finanziario per la ricostruzione, tentando di ritagliarsi un ruolo dopo anni di marginalizzazione.
In questo equilibrio precario, tutti cercano consenso: nessuno, però, detiene il vero potere.