Yulia Navalnaya rompe il silenzio e punta il dito senza esitazioni: Alexei Navalny non è morto per cause naturali, è stato avvelenato, e il responsabile è Vladimir Putin. È questa la denuncia che la vedova del leader dell’opposizione russa ha lanciato pubblicamente, sostenuta dai risultati di analisi effettuate da laboratori indipendenti all’estero su campioni biologici del marito, trafugati con fatica dalla Russia.
La verità contro la versione ufficiale
Il Cremlino aveva raccontato una storia già scritta: Navalny sarebbe morto improvvisamente a causa di problemi di salute preesistenti. Una narrazione utile a chiudere in fretta il capitolo, a far credere che l’oppositore più temuto dal regime fosse caduto da solo, senza mano esterna. Oggi però quella versione crolla. Gli esami parlano chiaro: c’è stata intossicazione da sostanza tossica, un avvelenamento studiato a tavolino.
Un nemico da eliminare
Navalny non era un semplice dissidente, ma il simbolo di una Russia diversa, coraggiosa e libera. Con le sue inchieste sulla corruzione, le proteste di piazza e le denunce al sistema, aveva osato scalfire il potere assoluto di Putin. Per il Cremlino era diventato un uomo scomodo, troppo pericoloso per essere lasciato vivere. La sua eliminazione non appare dunque come un tragico destino, ma come un atto deliberato di una dittatura che non tollera opposizione.
La dittatura che uccide
Il sospetto che Navalny fosse stato assassinato aleggiava sin dal primo minuto della sua morte in prigione. Ora, con queste nuove prove, il sospetto si trasforma in certezza morale e politica: Navalny è stato vittima della dittatura di Putin. Non un decesso casuale, ma un omicidio politico, il più brutale dei messaggi a chiunque osi ribellarsi.
La voce che non si spegne
Yulia Navalnaya non parla solo come moglie, ma come testimone di una verità che il regime tenta di seppellire. Il suo grido rimbomba oltre i confini russi: il mondo deve sapere, il mondo non può accettare che un leader venga eliminato così. E con lei cresce l’opinione pubblica internazionale, sempre più convinta che Putin sia il mandante morale e politico della morte di Alexei Navalny.
La vicenda non riguarda più solo la Russia, ma la dignità della comunità globale di fronte all’ennesimo abuso di un autocrate. Se Navalny è stato assassinato per il suo coraggio, allora il suo sacrificio diventa la prova più lampante che il regime di Putin teme la libertà più di ogni altra cosa. Navalny è stato fatto fuori perché era la voce che non poteva essere messa a tacere.