La corsa a puntare il dito contro Mosca
Appena diffusa la notizia dell’esplosione in Polonia, la macchina mediatica ha trovato subito il colpevole: “drone russo”. Il frame era perfetto, semplice, rassicurante nella sua banalità: la Russia colpisce, l’Europa subisce. Una narrazione pronta all’uso che ha saturato agenzie, siti e social.
La verità: un missile polacco partito da un F-16
Dopo poche ore, però, i fatti hanno demolito la propaganda. Non c’entrava nulla il Cremlino: la casa è stata distrutta da un missile partito da un F-16 polacco. Un incidente, sì, ma che ribalta completamente l’impianto accusatorio. Nessun drone, nessuna mano russa, bensì un errore interno che mette a nudo la fragilità delle verità “ufficiali”.
La disinformazione non arriva solo da Mosca
Per ore i cittadini hanno respirato l’ennesimo allarme mediatico, con Mosca additata come responsabile di un attacco inesistente. È qui che emerge il nodo centrale: la disinformazione non è un’esclusiva del Cremlino. In Europa, spesso, si alimenta da sola, dentro redazioni e istituzioni pronte a rilanciare notizie senza verificarle, pur di mantenere alto il livello di paura.
Propaganda e opinione pubblica sotto pressione
Il meccanismo è sempre lo stesso: creare il nemico, alimentare la tensione, rafforzare la compattezza del fronte. Poco importa se la verità emergerà qualche ora dopo, smentendo tutto. Nel frattempo l’opinione pubblica è stata bombardata da titoli sensazionalistici che lasciano traccia, anche quando risultano falsi.
Un missile polacco e una lezione amara per i media
Alla fine resta un dato: è stato un missile polacco a colpire la casa. Ma il vero bersaglio, ancora una volta, è la credibilità dell’informazione occidentale. Se il giornalismo diventa cassa di risonanza della propaganda, il rischio è che a pagare siano i cittadini, ingannati e confusi. La guerra non la combattono solo i carri armati: la combattono anche le parole.