Conto alla rovescia a Bruxelles. Oggi, 12 settembre, i 27 Stati membri dell’Unione Europea dovranno dire sì o no a un regolamento che promette di “stanare” in rete i contenuti legati alla pedofilia e alla pedopornografia. Una votazione che non decide soltanto di algoritmi e piattaforme, ma del confine stesso tra libertà privata e controllo pubblico. Sul tavolo c’è la possibilità di introdurre un meccanismo capace di scandagliare le chat: un algoritmo che lavora prima ancora che il messaggio parta. Non tutti i Paesi sono convinti, e non solo per ragioni tecniche.
La promessa e il trucco
Il meccanismo è elegante sulla carta: scansionare le chat, anche quelle cifrate, per intercettare immagini e conversazioni sospette. Si chiama “client-side scanning”, cioè il telefono che fa la spia al suo stesso proprietario. Così non rompi la crittografia — dicono —, la aggiri con una porta laterale. È come costruire una cassaforte blindata e poi lasciare il doppione delle chiavi al vicino con la scusa che “magari ti serve”.
I rischi che non raccontano
Il problema non è solo tecnico, è culturale. Quando accetti che qualcuno scandagli ogni parola scritta, anche con l’alibi della protezione, hai già cambiato il contratto sociale: la fiducia non è più tra cittadini, ma tra cittadini e un algoritmo che decide cosa è lecito e cosa no.
- Falsi positivi: un selfie fra fratelli, un’immagine sfocata, una frase ironica possono trasformarsi in segnalazioni automatiche. Non serve molta fantasia per capire le conseguenze.
- Function creep: oggi pedopornografia, domani terrorismo, dopodomani qualunque cosa un governo decida sia “pericolosa”. La storia insegna che gli strumenti nati per un’emergenza raramente restano confinati a quell’emergenza.
- Fine dell’intimità: chi pensa “io non ho nulla da nascondere” dimentica che la libertà non è mai servita solo ai colpevoli, ma a tutti. Scrivere, sbagliare, ironizzare, confidarsi: tutto questo perde senso sotto l’occhio permanente di un controllore invisibile.
Il grande equivoco
Non è un “o proteggi i bambini o difendi la privacy”. È un falso dilemma. Si possono fare indagini mirate, rafforzare la cooperazione giudiziaria, dotare le forze dell’ordine di risorse reali. Qui invece si preferisce la soluzione pigra: un grande setaccio che colpisce tutti, nella speranza che tra miliardi di messaggi spunti l’ago giusto.
La morale
Chat Control non è una legge, è un manifesto: la dimostrazione che la politica ama più il gesto simbolico che la fatica del lavoro concreto. È la versione digitale del “coprifuoco per tutti perché qualcuno ha fatto casino”.
E allora la domanda è semplice: vogliamo davvero una società in cui la sicurezza si costruisce demolendo la serratura di casa nostra? Se la risposta è sì, non lamentiamoci domani quando, per proteggerci da “nuove minacce”, il controllore entrerà anche nei pensieri che non abbiamo ancora scritto.