In una fase delicata della sua storia recente, la Nazionale italiana si affida a un profilo corsaiolo e determinato: Gennaro Gattuso. La sua Italia appare “coriacea”, plasmata su un’idea di gruppo capace di tenere duro, sorridere quando è il momento e, soprattutto, smettere di delegare tutto al talento individuale o ai fanatismi — quelli che spesso confondono l’amore per la maglia con un cieco dogmatismo.
Il neo allenatore è chiaro sin dal suo insediamento: “Bisogna andare a cento all’ora in allenamento, su questo non transigo. Poi fuori dal campo non faccio il poliziotto”. Un mantra che traduce la sua leadership: chiarezza, sforzo collettivo e mentalità competitiva. Non solo cuore e grinta, come da giocatore: “Le mie squadre giocano bene”, ribadisce, rendendo evidente la volontà di privilegiare il rendimento e la struttura piuttosto che l’estetica fine a sé stessa.
Il ritorno ai mondiali
L’obiettivo principale è tornare ai Mondiali, dopo l’assenza da due edizioni, un traguardo che per Gattuso non è un miraggio, ma una convinzione radicata. “Abbiamo la squadra per farlo”, ha affermato con sicurezza, chiarendo che la scusa del “non ci sono talenti” non regge più. Serve piuttosto mettere i giocatori nelle condizioni migliori per esprimersi.
Sin dalla prima conferenza stampa, ha evocato il senso di appartenenza: “L’azzurro è la sua seconda pelle”, ha detto la FIGC, mentre Gattuso stesso ha parlato di riportare entusiasmo, unità, identità nazionale, insieme all’orgoglio per l’Italia.
Nel debutto in panchina, l’Italia ha risposto presente: battuta l’Estonia 5-0. Gattuso ha sottolineato: “Bisogna ringraziare i ragazzi, nel primo tempo è mancato solo il gol… giocare così quando il livello si alza si può rischiare. Dobbiamo far ritrovare l’entusiasmo agli italiani”.
Fanatismi da restare a casa
Un aspetto significativo: la svolta voluta da Gattuso coincide con la fine dei fanatismi identitari. Quel tifo cieco, che confonde la maglia con la fede, finisce per distrarre. La grinta sì, il furore solo come stimolo positivo. Finita l’epoca dei rombi ideologici e delle bandiere: oggi servono idee, impegno, coesione. E Gattuso — con la sua esperienza e autenticità — sembra incarnare la figura giusta per ricostruire tutto questo.
Gattuso ha portato con sé un ritorno al senso di squadra, al lavoro concreto e alla passione pulita. L’Italia “coriacea” che vuole costruire non vuole essere solo difesa granitica, ma una squadra organizzata, motivata e libera dai fanatismi. Con questa fiducia in sé stessi e in un progetto condiviso, il ritorno al Mondiale non è più un sogno: è un obiettivo tangibile.