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Impagnatiello chiede la “giustizia riparativa”. Ma i genitori di Giulia Tramontano dicono no: “Vuole solo uno sconto di pena”

Alla prima udienza del processo d’appello, nella Corte d’Assise d’Appello di Milano, Alessandro Impagnatiello si è presentato in prima fila. È l’ex barman condannato all’ergastolo per aver ucciso con 37 coltellate la fidanzata Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, nella loro abitazione di Senago nel maggio 2023. Oggi, con un volto impassibile e lo sguardo basso, ha chiesto l’accesso a un programma di giustizia riparativa. La proposta è arrivata dalla sua avvocata, Giulia Geradini, che ha parlato di un eventuale percorso con una “vittima surrogata”, ovvero una persona estranea ma coinvolta in reati simili, nel caso in cui – come è prevedibile – i familiari della vittima si rifiutassero di partecipare. “Il programma”, ha dichiarato la difesa, “non ha lo scopo di riaprire una relazione con la famiglia di Giulia, ma serve al mio assistito per affrontare un cammino interiore”.

Il no della procura: “Nessun elemento concreto, solo strategie processuali”

Ma la procuratrice generale di Milano, Maria Pia Gualtieri, si è opposta con fermezza: “La difesa non offre alcun elemento di fatto che giustifichi l’utilità di un percorso riparativo. Non si vede quale vantaggio potrebbe derivarne. È una proposta priva di concretezza”. E ha chiesto alla Corte di confermare l’ergastolo.

Nel ricostruire l’omicidio, Gualtieri ha sottolineato il comportamento lucido e premeditato di Impagnatiello: “Ha sviato le indagini con una lunga catena di bugie. Ha atteso per due ore il rientro a casa di Giulia, dopo che lei si era incontrata con l’altra donna, e l’ha colpita alle spalle senza lasciarle nemmeno il tempo di parlare”. Nessun raptus, secondo l’accusa: “Un’azione brutale, vigliacca, fredda”.

La strategia della difesa: puntare alla riduzione a 30 anni

La richiesta di accesso alla giustizia riparativa è solo uno dei due obiettivi della difesa. L’avvocata Geradini ha infatti fatto sapere di voler chiedere la riduzione della pena a 30 anni, puntando sull’esclusione di due aggravanti: la premeditazione e la crudeltà. Un tentativo di riformare la sentenza, alleggerendone il peso.

Ma in aula, pochi posti dietro Impagnatiello, c’erano anche i genitori di Giulia, visibilmente provati. Nessuna parola, solo sguardi. Nessuna intenzione di partecipare a quel “percorso riparativo”. Per loro, è solo l’ennesima manovra per ottenere uno sconto di pena.

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