Una scolaresca di bambini dell’asilo paritario cattolico di Ponte della Priula, in provincia di Treviso, è stata portata a visitare una moschea locale. Non un’uscita generica, ma un vero momento di preghiera: i piccoli inginocchiati, fronte a terra, rivolti verso la Mecca. Il tutto immortalato e pubblicato con orgoglio dalla scuola sui social, in nome di quello che le educatrici hanno definito “un ponte tra culture”.
Vogliono trasformarci tutti in musulmani
La scuola in questione fa parte della FISM (Federazione italiana scuole materne), ed è paritaria, quindi sì: riceve fondi pubblici. E no, non è un istituto laico. È una scuola cattolica, “di ispirazione cristiana”, come specifica la dirigente Stefania Bazzo. Eppure la gita, organizzata lo scorso mercoledì, ha condotto un gruppo di bambini nel centro islamico dove pregano i genitori di alcuni loro compagni. Lì, guidati dall’imam Avnija Nurceski – parente di uno degli alunni – i piccoli hanno assistito (e partecipato) a un momento religioso che nulla aveva di neutro o semplicemente culturale.
Le immagini, pubblicate con leggerezza dalla stessa scuola, parlano da sole: bambini in posizione di prosternazione islamica, in ginocchio sul tappeto. Non un laboratorio, non una spiegazione, ma una vera e propria simulazione di culto. Il gesto ha provocato sconcerto e indignazione, specialmente tra i genitori e gli ambienti locali, con la Lega che ha parlato apertamente di “fatto agghiacciante”, e il quotidiano Libero che ha dedicato alla vicenda l’apertura della sua prima pagina del 4 maggio. Nessuno nega il valore dell’inclusione. Ma forse sarebbe il caso di ricordare che educare al rispetto non significa cancellare i confini, né tantomeno inginocchiare dei bambini davanti a un altare che non conoscono, in un rito che non comprendono. E che nessuno, forse, aveva davvero il diritto di fargli compiere.