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Ancora insulti contro Liliana Segre: il 25 aprile a Pesaro si trasforma nel solito teatro dell’odio social. Ecco chi difende la memoria (e chi no)

A Pesaro, il 25 aprile aveva il volto gentile di Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz e oggi senatrice a vita, invitata a celebrare la Liberazione in una città che la considera “un dono prezioso”. Bastava poco – una foto, un video, la memoria viva della Resistenza – perché scattasse la solita guerra sporca sui social. “La più nazista di tutte”, “vecchia il popolo italiano non ti vuole”, “mantenuta, parassita”. Le parole che rimbalzano sulle bacheche del Comune e del sindaco Andrea Biancani non sono semplici insulti: sono il termometro di un Paese che, davanti alla storia vera, ancora si mette in coda per odiare.

Ondata d’odio contro la Segre

La denuncia arriva forte e chiara da Riccardo Bernardi, che su TikTok smaschera la vile ondata di odio piovuta addosso a Segre proprio nei giorni in cui – e non è un caso – il Paese finge di ricordare i valori della Costituzione. Ma Pesaro, stavolta, non fa spallucce. Il sindaco Biancani prende carta, penna e social e risponde: “A che punto siamo arrivati! Pesaro è con Lei. Definirli bestie sarebbe un insulto per le bestie. Sono parole gravi, da perseguire”. Ed è tutta la città a ribadire che la presenza di Segre non è soltanto un onore, ma “la memoria vivente dei valori della Resistenza”. Un simbolo, una donna che “la città accoglierà sempre a braccia aperte”. E sì, “abbiamo fatto bene a darle la cittadinanza onoraria”.

Ma mentre la politica si mobilita, gli insulti non si fermano – e colpiscono ovunque si parli di lei: la pagina dell’ex sindaco Matteo Ricci, quella della Rai con il docufilm “Liliana”. “Ormai è una costante – dice il figlio Luciano Belli Paci – quando si parla di Liliana Segre questi ‘signori’ si danno appuntamento”. Segre non ama parlarne, ma chi la conosce sa quanto tutto questo la ferisca. Anche questa volta, si valuterà se agire per vie legali, come già avvenuto in passato con la Procura di Milano che ha già chiuso le indagini su 12 persone per odio e diffamazione.

Intanto, la politica si stringe – almeno a parole – intorno a Segre. Elly Schlein: “Il Pd sta con Liliana Segre, faro contro l’odio e l’indifferenza. Gli insulti dimostrano che c’è ancora bisogno del suo impegno. E di quello di tutti noi, ogni giorno, contro antisemitismo e razzismo”. Anche Carlo Calenda ribadisce: “Vicinanza e solidarietà, riconoscenti per il suo coraggio”.

Ma l’impressione, a leggere certi commenti, è che la memoria sia ancora una terra di nessuno. E che ogni 25 aprile, in fondo, sia sempre più una data da difendere. Non solo per chi la ricorda: soprattutto per chi la odia, e per chi finge di non vedere.

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